Lo chiarisco per tutti.chelaveritàtrionfi ha scritto: ↑lunedì 13 marzo 2023, 20:45 AEnim, questo è il forum sbagliato, altrimenti avevo delle domande da farti. Ho letto che studi sanscrito.
Ho studiato. Dopo anni che mi interessavo di buddhismo, nel 2011 ho preso contatto con la facoltà di Studi Orientali di Roma, con il docente del corso di Sancrito (che anni prima era anche docente di Indologia, ed uno dei massimi esperti europei di tantrismo), gli ho scritto e gli ho chiesto il permesso di frequentare come auditrice non iscritta, a motivo del fatto che non riuscivo a capire quanto esposto dall'ambiente praticante che mi sembrava spesso affermasse beceraggini. Quindi volevo capire lo stato dell'arte delle traduzioni.
Il corso di sanscrito base (poi ci sta quello di approfondimento nel biennio superiore) si articola in due anni per un totale di 100 ore annue = 200 complessive.
Non è solo un corso di lingua perchè la lingua si estrinseca sempre su linguaggi tecnici (il sanscrito non è una 'lingua madre' ma una sorta di 'esperanto' in qualche modo, quindi non ci vai a comprare le zucchine, e non studi con "the flower is on the table") per cui si apprende su tali linguaggi e questi non prescindono dal sistema filosofico dei darshana (visioni del mondo) che, chiaramente, sono religiosi.
Io presi il corso del primo anno al secondo semestre, avendo domandato se non fosse il caso di rimandare all'inizio dell'anno successivo. Lui mi fece credere che i semestri fossero 'sganciati' e mi fece andare subito (Venga, non si preoccupi, non avrà nessun problema). Poi a lezione mi trattò quasi meglio degli iscritti (per la verità spesso piuttosto amorfi), facendo in modo che io potessi recuperare tutti i contenuti del primo semestre e dedicando un tot a lezione anche al linguaggio buddhista. Inoltre io mi dedicavo solo a quella materia, quindi studiavo tutta la settimana solo quello, dedicando tante ore.
Ho concluso il mio semestre, quindi l'anno, alla pari di tutti, grazie alla eccellente didattica e dedizione del prof. riuscendo tranquillamente a tradurre ciò che era previsto tradurre, praticamente facendo il programma di due semestri in uno (facendomi un mazzo tanto).
Ma in soldoni si può dire che ho preso 25 lezioni (da 2 ore cad. ... che però ti strippavano davvero) - giusto perchè ciò ci ricorda qualcuno.
Per dire che con 25 lezioni non è che ti metti a tradurre i Veda, e nemmeno il canone buddhista, senza parlare poi di testi tantrici che sono il massimo di un'attività metodica e scientifica di criptazione.
Mi sono però resa conto del livello a cui sono arrivate le nostre scienze linguistiche e di cosa significhi 'livello accademico'.
Poichè in quel periodo però stavo curando un tumore con terapie ormonali (avevo circa 50 anni in quel momento), sono stata invalidata dalle terapie ed ho dovuto purtroppo rinunciare a proseguire.
Dopo, non potendo più ricevere lezioni (l'autodidattica è sconsigliabile), mi sono dedicata per un annetto a studiare le basi della linguistica, che mi affascinava (ho preso i testi di un paio di corsi universitari). Questo anche perchè il sanscrito si inizia al secondo anno del corso triennale magistrale, ed al primo si fa linguistica. Io non l'avevo fatta e ne avevo sentito la mancanza faticando molto di più. Siccome ancora speravo di proseguire cercai di recuperare, nel frattempo, questa parte.
Passati 10 anni senza praticare oggi non mi ricordo nemmeno più l'alfabeto.
Però se vuoi domandarmi qualcosa, per quel pochissimo che ormai posso, scrivimi in pvt (senza aspettarti granchè: le cose vanno praticate a lungo prima di poter dire di aver iniziato a capire).
L'albero di Pippala, come l'erba Kusa, ed altre cose sono simbolici, ma in ogni darshana assumono senso differente. Io conosco il significato nel buddhismo, ma non negli altri darshana. Nel buddhismo è l'albero della 'bodhi' (comunemente tradotto risveglio, illuminazione) da cui il termine buddha.
La radice verbale budh, indica il "conoscere".
Vi è però una lunga e datatissima discussione epistemologica in India su "che cosa è la conoscenza e come essa si acquisica". Da sempre i darshana (visioni del mondo - filosofico religiose) devono preliminarmente dichiarare i loro "pramanas" = validi mezzi di conoscenza, cioè ciò che loro assumono come mezzo di conoscenza, e da cui di conseguenza vengono le loro affermazioni: fra questi esistono l'esperienza diretta, l'inferenza, la deduzione, l'intuizione diretta, la rivelazione, i poteri speciali p.e. dei rishi etc. Quindi litigano (discutono) su quelli validi e quelli no, furiosamente. Per questo esite una potente storia della epistemologia indiana.
Ne consegue che la radice budh in ogni darshana assume senso diverso a seconda dei pramanas che riconosce.
Nel buddhismo: conta che buddha è un participio passato che significa "colui che ha acquisito un conoscimento da se stesso". Quel 'da se stesso' nega i pramanas di altri darshana (p.e. rivelazione divina, poteri speciali). Per il buddhismo l'uomo è perfettamente dotato in sè della capacità di conoscere efficacemente.
Negli altri darshana ha altri sensi ma non sono in grado di dirtene.
L'immortalità e il nettare dell'immortalità è certamente un tema molto indiano. Esite un famoso mantra, se non ricordo male nelle Upanishad, boh, dovrei andare a vedere, ora mi sfugge, che termina con "E donami l'immortalità". Ma non mi domandare che genere di immortalità è perchè non l'ho capito.
Fine OT, dai.