La condizione dei giudei durante la cattività babilonese
Inviato: mercoledì 17 maggio 2023, 4:51
AEnim, richiamandosi a quanto scritto da Besàseà lo scorso 22 aprile, mi fa presente una sua affermazione in cui tra l’altro aveva scritto: “La cattività in Babilonia fu tragica, la Toràh e la religione di Israel vennero proibite, solo la tradizione orale sopravvisse”. Apro quindi una discussione biblica sulla condizione dei giudei durante la cattività babilonese.
Espongo il mio pensiero, per poi lasciare poi la parola a chi voglia partecipare:
Gli abitanti del Regno di Giuda, quando avvenne la loro deportazione, furono condotti in Babilonia e si stabilirono nella stessa capitale e nei dintorni sulle rive del fiume Eufrate. I giudei furono più fortunati degli israeliti. Infatti, godettero di molti privilegi: libera amministrazione dei loro beni, una loro magistratura che amministrava la giustizia, possibilità di darsi al commercio e di acquistare proprietà. Alcuni giudei ebbero anche dignità e alte funzioni presso la corte babilonese. Ma, spiritualmente, incombevano pericoli per l’integrità e la purezza: lo splendore dei templi idolatri, le feste solenni e le grandiose cerimonie pagane, l’arte babilonese e le ricchezze, ogni cosa era messa a favore del culto idolatrico. I babilonesi, poi, avevano interesse a propagare la loro religione e ad affievolire quelle degli altri popoli: la loro, infatti, aveva un carattere eminentemente nazionale. I giudei furono allettati da tutto ciò. Era facile piegarli all’idolatria con la sua licenziosità di costumi.
Eppure – quasi incredibile a dirsi – il popolo giudaico si teneva lontano dall’idolatria. Il ricordo del Tempio, i giorni splendidi delle Festività di Dio, la gloria di Siòn e di Yerushalàym (Gerusalemme), i canti dei profeti, la speranza che Dio li avrebbe nuovamente liberati … tutto li rafforzava e li faceva rimanere fedeli al culto dei padri. Con la mente e i sentimenti alla Città santa, i poveri esiliati giudei sospiravano per Yerushalàym.
“Lungo i fiumi, laggiù in Babilonia,
sedevamo e piangevamo
al ricordo di Sion . . .
Laggiù, dopo averci deportato,
ci incitavano a cantare;
esigevano canti di gioia
i nostri oppressori . . .
Ma come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se dimentico te, Gerusalemme,
si paralizzi la mia mano;
la mia lingua si incolli al palato
se non sei il mio continuo pensiero,
il colmo della mia gioia, Gerusalemme”.
– Sl 137, passim, TILC.
Riferimento:
https://www.biblistica.it/wp-content/up ... giudei.pdf
Espongo il mio pensiero, per poi lasciare poi la parola a chi voglia partecipare:
Gli abitanti del Regno di Giuda, quando avvenne la loro deportazione, furono condotti in Babilonia e si stabilirono nella stessa capitale e nei dintorni sulle rive del fiume Eufrate. I giudei furono più fortunati degli israeliti. Infatti, godettero di molti privilegi: libera amministrazione dei loro beni, una loro magistratura che amministrava la giustizia, possibilità di darsi al commercio e di acquistare proprietà. Alcuni giudei ebbero anche dignità e alte funzioni presso la corte babilonese. Ma, spiritualmente, incombevano pericoli per l’integrità e la purezza: lo splendore dei templi idolatri, le feste solenni e le grandiose cerimonie pagane, l’arte babilonese e le ricchezze, ogni cosa era messa a favore del culto idolatrico. I babilonesi, poi, avevano interesse a propagare la loro religione e ad affievolire quelle degli altri popoli: la loro, infatti, aveva un carattere eminentemente nazionale. I giudei furono allettati da tutto ciò. Era facile piegarli all’idolatria con la sua licenziosità di costumi.
Eppure – quasi incredibile a dirsi – il popolo giudaico si teneva lontano dall’idolatria. Il ricordo del Tempio, i giorni splendidi delle Festività di Dio, la gloria di Siòn e di Yerushalàym (Gerusalemme), i canti dei profeti, la speranza che Dio li avrebbe nuovamente liberati … tutto li rafforzava e li faceva rimanere fedeli al culto dei padri. Con la mente e i sentimenti alla Città santa, i poveri esiliati giudei sospiravano per Yerushalàym.
“Lungo i fiumi, laggiù in Babilonia,
sedevamo e piangevamo
al ricordo di Sion . . .
Laggiù, dopo averci deportato,
ci incitavano a cantare;
esigevano canti di gioia
i nostri oppressori . . .
Ma come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se dimentico te, Gerusalemme,
si paralizzi la mia mano;
la mia lingua si incolli al palato
se non sei il mio continuo pensiero,
il colmo della mia gioia, Gerusalemme”.
– Sl 137, passim, TILC.
Riferimento:
https://www.biblistica.it/wp-content/up ... giudei.pdf