E luce fu
Re: E luce fu
Terra e cieli, Cieli e terra , quale dei due il testo vuole sottolineare che fu creato per prima ? ma troviamo in Bereshit 2/4), una inversione, forse centra qualche cosa la particella את ?
Noiman
Noiman
- Gianni
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Re: E luce fu
Caro Noiman, propongo la mia analisi, ma con la preghiera preventiva che tu poi mi corregga se sbaglio qualcosa.
A solo beneficio di chi non ha dimestichezza con l’ebraico va osservato che in Gn 1:1 troviamo una costruzione tipicamente ebraica. La traduzione “creò Dio i cieli e la terra” presenta non solo gli articoli determinativi “i” e “la”, ma li fa precedere dalla particella et (את), che in italiano non viene tradotta perché intraducibile. Questa particella si usa per specificare il complemento oggetto (cieli e terra), che sono comunque già specificati dagli articoli determinativi. Detto alla buona, la particella è un rafforzativo; detto ancora alla più buona, è come dire che Dio creò proprio i cieli e la terra.
In Gn 2:4 troviamo invece una forma costrutta, letteralmente: “Queste origini di i cieli e la terra”, seguita da “in giorno di fare Yhvh Dio terra e cieli”, con l’inversione dei due complementi oggetto.
Quale dei due il testo vuole sottolineare che fu creato per prima? A mio modesto avviso, questa domanda non ha ragione di essere posta. Secondo me furono creati insieme.
Spiego perché. In 1:6,7 è detto che Dio volle che ci fosse una raqýa (volta celeste o firmamento) che separasse le acque superiori dalle acque inferiori, e al v. 8 è detto che Dio chiamò cieli la raqýa. Con 1:9,10 veniamo al punto: Dio ordina che le acque inferiori si raccolgano verso un luogo specifico e che appaia l’asciutto; questo viene chiamato terra e il resto mari. La terra emerge in pratica dalle acque inferiori, ora chiamate mari (dopo la separazione).
I cieli e la terra di 1:1 dovettero quindi essere stati creati insieme. Il quadro complessivo di allora è descritto in 1:2: sulla superficie delle acque si agitava un vento divino. Allo stadio iniziale troviamo quindi i cieli e le acque che avvolgevano la terra che poi sarà fatta emergere.
Quanto all’inversione in 2:4 (“i cieli e la terra” che subito dopo diventano “terra e cieli”) credo si tratti di un chiasmo, che è una struttura poetica.
Aggiungo che in Ger 10:12 si ha la sequenza terra e cieli, mentre in Is 42:5 la sequenza è cieli e terra. Il che mostra, a mio avviso, che cieli e terra e terra e cieli sono intercambiabili, e che in ogni caso appaiono insieme.
A solo beneficio di chi non ha dimestichezza con l’ebraico va osservato che in Gn 1:1 troviamo una costruzione tipicamente ebraica. La traduzione “creò Dio i cieli e la terra” presenta non solo gli articoli determinativi “i” e “la”, ma li fa precedere dalla particella et (את), che in italiano non viene tradotta perché intraducibile. Questa particella si usa per specificare il complemento oggetto (cieli e terra), che sono comunque già specificati dagli articoli determinativi. Detto alla buona, la particella è un rafforzativo; detto ancora alla più buona, è come dire che Dio creò proprio i cieli e la terra.
In Gn 2:4 troviamo invece una forma costrutta, letteralmente: “Queste origini di i cieli e la terra”, seguita da “in giorno di fare Yhvh Dio terra e cieli”, con l’inversione dei due complementi oggetto.
Quale dei due il testo vuole sottolineare che fu creato per prima? A mio modesto avviso, questa domanda non ha ragione di essere posta. Secondo me furono creati insieme.
Spiego perché. In 1:6,7 è detto che Dio volle che ci fosse una raqýa (volta celeste o firmamento) che separasse le acque superiori dalle acque inferiori, e al v. 8 è detto che Dio chiamò cieli la raqýa. Con 1:9,10 veniamo al punto: Dio ordina che le acque inferiori si raccolgano verso un luogo specifico e che appaia l’asciutto; questo viene chiamato terra e il resto mari. La terra emerge in pratica dalle acque inferiori, ora chiamate mari (dopo la separazione).
I cieli e la terra di 1:1 dovettero quindi essere stati creati insieme. Il quadro complessivo di allora è descritto in 1:2: sulla superficie delle acque si agitava un vento divino. Allo stadio iniziale troviamo quindi i cieli e le acque che avvolgevano la terra che poi sarà fatta emergere.
Quanto all’inversione in 2:4 (“i cieli e la terra” che subito dopo diventano “terra e cieli”) credo si tratti di un chiasmo, che è una struttura poetica.
Aggiungo che in Ger 10:12 si ha la sequenza terra e cieli, mentre in Is 42:5 la sequenza è cieli e terra. Il che mostra, a mio avviso, che cieli e terra e terra e cieli sono intercambiabili, e che in ogni caso appaiono insieme.
Re: E luce fu
Il primo termine "בראשית" significa "nel principio di" e non semplicemente "nel principio", questo termine si attacca sempre al successivo. Quindi abbiamo " nel principio di creare" con "ברא" vocalizzato all'infinito costrutto.
Con questo piccolo accorgimento torna il fatto che Sciamajim e Erezt non sono ancora presenti, perché infatti entrano in scena rispettivamente il secondo e il terzo giorno.
Con questo piccolo accorgimento torna il fatto che Sciamajim e Erezt non sono ancora presenti, perché infatti entrano in scena rispettivamente il secondo e il terzo giorno.
Ultima modifica di Segreto il sabato 3 agosto 2024, 4:34, modificato 1 volta in totale.
- Gianni
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Re: E luce fu
Segreto, in effetti la prima parola di Gn può essere letta bareshýt, tuttavia i masoreti non la intesero così e neppure gli ebrei alessandrini che la tradussero in greco Ἐν ἀρχῇ, "in principio". A me poi non sembra affatto un cotrutto. Ma su ciò può illuminarci Noiman dopo l'uscita dello shabbàt.
Re: E luce fu
Non si dorme..? Bgiorno
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Re: E luce fu
Notte di studio, Segreto. Anche per te, vedo. Ma l'alba s'avvicina e allora finirà la magia.
Buongiorno anche a te, amico mio.
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Re: E luce fu
Come Gianni penso che il testo suggerisce che terra e cieli furono creati insieme nel primo giorno, questo lo possiamo capire quando leggiamo:
”Queste sono le toledot dei cieli e della terra quando furono creati nel giorno in cui H creò la terra e il cielo”,(Bereshit 2/4) il termine ביום , letteralmente “nel giorno” è da intendere come uno spazio temporale definito in riferimento ai 7 giorni creativi, "il giorno uno", il redattore poteva usare il plurale in riferimento ai giorni, ma evidentemente non ha voluto.
Gianni ha definito la את intraducibile e ha perfettamente ragione, da sempre ho assistito alla lettura sinagogale della Torah e anche altro , ho sempre notato che quando l’officiante o anche solo il chazan giunge nelle parti cruciali del testo l’ intonazione della et supera in tonalità il livello medio, quasi come una sottolineatura, את è una parola/non parola e non è ben conosciuta la sua origine, poi se vogliamo trovare una spiegazione ermeneutica ci si può provare.
Per approfondire dovreste cercare lo studio di Margherita Farina proprio con il titolo
La particella “et” in ebraico biblico .
La particella את et, detta accusativa ha una sua regola grammaticale ben precisa, deve precedere un sostantivo determinato, il più comune è espresso con la ה, ma anche tramite il pronome personale, esempio זה, zeh, questo, abbiamo anche delle eccezioni in cui la et non anticipa un sostantivo indeterminato, però abbiamo compreso che ogni volta che את è presente è per rafforzare il sostantivo o l’azione verbale, il primo caso lo incontriamo già nella prima espressione del libro di Bereshit:
בראשית ברא אלהים את השמים ואת הארץ
In principio creò Elohim il cielo e la terra
Abbiamo tutta una serie di esempi in cui compare la את, quando la figlia del faraone vide Moshè, (Shmòt 2/5) “E vide il cestello tra le canne” ….. “E inviò la sua ancella che la prese”(la teva’)
ותשלח את-אמתה ותקחה, in questo caso è il maqqef che segue la et, un ultimo esempio:
גם את-זה לעמת-זה עשה האלהים“ gam et zeh le’umat zeh” asah elohim , D-o ha fatto l’uno come l’altro.
Finita la grammatica possiamo esaminare alcuni aspetti alternativi, la את comare in Bereshit 1 due volte, una per shamaym, i cieli e una volta per eretz la terra, sapendo che את è costituito dalla prima e l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico, viene da pensare che et come una parentesi come si volesse dire “tutto quello che c’è dentro”, ma sappiamo che il resto non era ancora stato creato, ma forse tutto poteva essere completo nella sua potenzialità, esattamente dove leggiamo che “D-o non aveva ancora fatto piovere sulla terra”
E anche singolare che in ebraico la parola cellula è תא, “ta ” sia l’inverso di את ,di nuovo la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto , l’inversione speculare iniziata dal fondo dell’alfabeto potrebbe rappresentare la materia cellulare, la vita.
Poi passiamo alla risposta a Segreto.
ראשית Reshit , principio, appare senza articolo in Yeshayà’ 46/10 come inizio assoluto .Certamente l’affinità semantica tra la parola בראשית con il verbo ברא , uno dentro l'altro esprime una profonda connessione, il primo problema è come tradurre בראשית, le alternative: ”in principio” o “in un principio” secondo una subordinale temporale,oppure “nel principio”, il testo non vocalizzato ha indotto qualcuno a tradurre “In un principio in cui Dio creò il cielo e la terra”, nonostante che nel testo originale non sia presente una parola o una forma grammaticale che indichi ”in cui”, bisogna anche tenere conto che non c’è nessun articolo che preceda Bereshit, esistono del resto diversi esempi in cui Reshit, compare senza articolo, come Yeshayà :
מניד מראשית אחרית ומקדם “ predice dall’inizio alla fine dell’antichità”, (Yeshayà’ 46/10),
anche זכרו ראשנות מעולם zicru rishonòt me’olàm , “ricordate i principi del mondo” (46/9), lo ritroviamo come principio assoluto anche in Yirmeyà’26/1 ממלכות יהוקים בראשית, “in principio del regno di Joachi’m , oppure in 27/1, idem. Compare l’accento disgiuntivo .
Poi se indaghiamo su “Baràh” non essendo specificato dal complemento di materia può ispirare a una creazione ex-nihilo .Calvino lo credeva…….
Una delle difficoltà linguistiche e interpretative del primo verso del libro di Bereshit è da sempre se interpretare בראשית in stato costrutto oppure assoluto, la traduzione tradizionale ha da sempre reso la parola nello stato assoluto a differenza di altre parti del Tanak dove si è assegnato lo stato costrutto.
בראשית introduce una proposizione a mo di titolo ”In principio D-o creò il cielo e la terra, oppure in una proposizione temporale “ Quando D- creò il cielo e la terra, e la terra era… questa è l’interpretazione di Rashi che afferma che la parola reshit, principio è sempre in connessione grammaticale con la parola che segue, come ha anche osservato Segreto, quindi secondo Rashi si deve leggere come “Al principio di creare di D-o”, lo stesso proseguo nel secondo versetto והארץ היתה “E la terra era”, dopo la waw introduttiva il verbo essere è nella forma qatal, “perfetto”.
Di fatto il primo verso del libro di Bereshit è una affermazione in tempo perfetto , sette parole che esprimono una realtà in funzione introduttiva alle successive esistenze che nonostante l’aspetto continuativo con il verso precedente sembrano sussistere indipendentemente, esempio ורוח אלהים Ruàch Elohim, introdotto dalla waw come congiuntivo introduce una nuova situazione, ruàch elohim diventa come un superlativo di una forza che sovrasta le quattro forme annunciate.
תהו בהו חשך תהום, tohu wa-bohu nella seconda affermazione esprime uno stato in cui la terra era in una condizione particolare e leggiamo:
היתה תהו ובהו וחשך על-פני תהום והארצ”ve ha-eretz hàita tohu va-bohu ve koshèch al penè tehom” “E la terra era informe e vuota e la tenebra era sul volto dell’abisso”, le ripetute waw hanno la funzione di introdurre gli stati di questa prima fase della creazione, esiste una simmetria tra questo verso e il successivo che completa lo stato delle cose אלהים מרחפת על פני המים ורוח “Ve ruàch elohim merachefet al pnè ha-maim, “E lo spirito di Elohim si muoveva sul volto dell’acqua”, in opposizione alle tenebre che erano sul volto dell’abisso, lo spirito divino si muoveva o sovrastava la superficie dell’acqua”. (Fonte: Nuovo Testamento teologie in dialogo culturale di Paolo Merlo)
Shavua Tov
Noiman
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Re: E luce fu
Grazie, Noiman. Prezioso come sempre!
Molto affascinante l’idea che la את, che è costituita dalla prima e dall’ultima lettera dell’alfabeto ebraico, faccia pensare ad et come una parentesi come si volesse dire “tutto quello che c’è dentro”.
Sulla creazione ex nihilo ho delle riverse. Sappiamo benissimo che fu così, dal nulla, tuttavia nel pensiero biblico-ebraico sempre concreto, mi domando come potesse trovare posto un’astrazione come il nulla; io credo che pensassero a qualcosa di concreto precedente, ma è una mia idea.
Alleggerisco con un aneddoto. Una volta bussarono alla mia porta due tipici Testimoni di Geova in uniforme di ordinanza (giacca, cravatta, borsa in mano). Quando dissi loro che leggevo e studiavo la Bibbia, uno di loro mi disse con una certa ironia: “Allora saprà cosa dice Genesi 1:1”. Gli diedi la risposta che si aspettavano: “Fin lì non ci sono ancora arrivato”.
Naturalmente non capirono. Ma oggi, a distanza di tanti anni, posso ancora affermare che fin lì non ci sono ancora arrivato.
Shavùa tov anche a te, Noiman, e a tutti.
Molto affascinante l’idea che la את, che è costituita dalla prima e dall’ultima lettera dell’alfabeto ebraico, faccia pensare ad et come una parentesi come si volesse dire “tutto quello che c’è dentro”.
Sulla creazione ex nihilo ho delle riverse. Sappiamo benissimo che fu così, dal nulla, tuttavia nel pensiero biblico-ebraico sempre concreto, mi domando come potesse trovare posto un’astrazione come il nulla; io credo che pensassero a qualcosa di concreto precedente, ma è una mia idea.
Alleggerisco con un aneddoto. Una volta bussarono alla mia porta due tipici Testimoni di Geova in uniforme di ordinanza (giacca, cravatta, borsa in mano). Quando dissi loro che leggevo e studiavo la Bibbia, uno di loro mi disse con una certa ironia: “Allora saprà cosa dice Genesi 1:1”. Gli diedi la risposta che si aspettavano: “Fin lì non ci sono ancora arrivato”.
Naturalmente non capirono. Ma oggi, a distanza di tanti anni, posso ancora affermare che fin lì non ci sono ancora arrivato.
Shavùa tov anche a te, Noiman, e a tutti.
Re: E luce fu
Ciao Gianni, buona settimana a te.
Questa risposta andrebbe inserita nella discussione che riguarda il Logos che come al solito sta deragliando, la risposta che ti posso offrire è nella differenza tra il pensiero ebraico e quello greco riguardo il concetto del Logos e il Davar, quindi la differenza tra il Principio di Giovanni e quello di Bereshit.
Non si trovano nel Vecchio Testamento neanche nel Nuovo Testamento nessuna espressione che affermi la creazione ex-nihilo, lo stesso concetto del “nulla” è una pura astrazione filosofica che trova la sua genesi nel pensiero greco in contrasto con il pensiero ebraico che male si adatta a questa astrazione, solo successivamente la con la cabala Luriana si può parlare del nulla, ma inteso come lo spazio che la contrazione di D-o ha lasciato libero per consentire alla sua creazione di manifestarsi.
Il pensiero cabalistico invece include il PRINCIPIO che è il punto 0 dove tutto scaturisce attraverso la forma, questo punto è connesso con la figura di D-o che riduce di molto l’aspetto filosofico del Nulla di Platone e Aristotile
“ La luce della Parola si manifesta nella vita e non nelle idee”, il logos greco è intangibile, invisibile e astratto perché trascendente”, la filosofia e la cosmogonia dei greci odiavano il nulla, perché lo rinviavano al “caos”, per il pensiero ebraico il “caos” è la mancanza della “parola” perché la creazione è letteralmente un atto linguistico che pone la relazione fra un se stesso e il prossimo.
Noiman
Questa risposta andrebbe inserita nella discussione che riguarda il Logos che come al solito sta deragliando, la risposta che ti posso offrire è nella differenza tra il pensiero ebraico e quello greco riguardo il concetto del Logos e il Davar, quindi la differenza tra il Principio di Giovanni e quello di Bereshit.
Non si trovano nel Vecchio Testamento neanche nel Nuovo Testamento nessuna espressione che affermi la creazione ex-nihilo, lo stesso concetto del “nulla” è una pura astrazione filosofica che trova la sua genesi nel pensiero greco in contrasto con il pensiero ebraico che male si adatta a questa astrazione, solo successivamente la con la cabala Luriana si può parlare del nulla, ma inteso come lo spazio che la contrazione di D-o ha lasciato libero per consentire alla sua creazione di manifestarsi.
Il pensiero cabalistico invece include il PRINCIPIO che è il punto 0 dove tutto scaturisce attraverso la forma, questo punto è connesso con la figura di D-o che riduce di molto l’aspetto filosofico del Nulla di Platone e Aristotile
“ La luce della Parola si manifesta nella vita e non nelle idee”, il logos greco è intangibile, invisibile e astratto perché trascendente”, la filosofia e la cosmogonia dei greci odiavano il nulla, perché lo rinviavano al “caos”, per il pensiero ebraico il “caos” è la mancanza della “parola” perché la creazione è letteralmente un atto linguistico che pone la relazione fra un se stesso e il prossimo.
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