Ruolo attuale di Cristo

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Salvatore Tarantino
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Re: Ruolo attuale di Cristo

Messaggio da Salvatore Tarantino »

Luigi, ho smesso da anni di perdere tempo nel replicare a chi sostiene debolissime dottrine sulla divinità di Yeshùa, sei stato tu a commentare il mio intervento di sabato 19 febbraio 2022 ore 8:58.
Tu però non hai saputo dire assolutamente nulla sui due passi da me citati, hai risposto senza rispondere, e da allora hai preteso di spostare il confronto su altre Scritture, interpretate a dir poco liberamente.
Questo atteggiamento non soltanto è indice di scarsa preparazione sull'argomento trattato, ma lo trovo anche irrispettoso... per usare un termine informatico: è un comportamento da troll, che consiste infatti nel disturbare gli interventi altrui senza mai entrare nel merito.
Visto che hai voluto per forza rispondere sul mio intervento sopra citato, abbi il coraggio di affrontarlo fino in fondo, altrimenti riprendi la tua strada, lontanissima dalla mia, che io non ho alcun interesse ad incrociare.
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Gianni
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Re: Ruolo attuale di Cristo

Messaggio da Gianni »

Caro Marco, sì, avevo letto quanto avevi scritto. Non avevo commentato perché toccavi diversi punti. Ma dico qualcosa ora. Tu hai scritto: “Nessuno degli autori sacri ha mai scritto che Gesù è Dio, tranne uno”, per concludere alla fine che “da nessuna parte, tranne in Gv 20,28, viene scritto che Gesù è Dio”. Ti pongo adesso la domanda che avrei voluto porti.

Giacché tu stesso riconosci che “nessuno degli autori sacri ha mai scritto che Gesù è Dio” e poi lo ribadisci, non ti viene il dubbio che quell’unica volta, ovvero in Gv 20:28, vada meglio indagata? Aggiungo che se fosse vera la tua interpretazione, avremmo un passo biblico in contraddizione con tutti gli altri.

Analizziamolo, dunque. Intanto, va corretta la tua affermazione che “nessuno degli autori sacri … tranne uno”. In Gv 20:28 non è un autore sacro a parlare, ma Tommaso. Ciò che scrive l’autore sacro, ovvero Giovanni, lo vedremo subito dopo.

Per prima cosa analizziamo a dovere il testo. Al v. 25 si legge: “Gli altri discepoli dunque gli dissero: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli [Tommaso] disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò».
Domanda: che cosa Tommaso non credeva? Risposta: che Yeshùa fosse vivo.
Domanda: che cosa pretendeva Tommaso per credere? Risposta: toccare con mano.

Andiamo avanti. “Otto giorni dopo, i suoi discepoli erano di nuovo in casa, e Tommaso era con loro. Gesù venne a porte chiuse, e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Porgi qua il dito e guarda le mie mani; porgi la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente»” (vv. 26 e 27). È a questo punto che Tommaso, grandemente stupito, esclama “Signor mio e Dio mio!” (v. 28).
Ora arriva un punto importante: “Gesù gli disse: «Perché mi hai visto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!»” (29).
Nota che Yeshùa non gli dice affatto ‘mi hai visto e mi hai riconosciuto’, ma “hai creduto”. A che cosa? Al fatto che era ancora vivo.

Adesso rifletti: in che modo mai il segno dei chiodi e la ferita al costato poteva essere una prova della divinità di Yeshùa? Erano una prova, invece, che era risuscitato. Anzi, per essere precisi, che Dio lo aveva risuscitato.
L’esclamazione di Tommaso, considerato il contesto, non può che essere quello che è: un’esclamazione di grande stupore. La stessa che scappa anche oggi a quelle persone che si trovano di fronte a qualcosa di incredibile.

Ora il pensiero di Giovanni: “Or Gesù fece in presenza dei discepoli molti altri segni miracolosi, che non sono scritti in questo libro; ma questi sono stati scritti, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio” (vv. 30 e 31). Cosa siamo invitati a credere? Che Yeshùa è il Messia, il figlio di Dio (non Dio).

Ora rispondo al tuo ultimo intervento. Tu scrivi: “Fare sempre la volontà di un’altra persona significa annientare sé stesso”. Vero, ma nel caso di Yeshùa l’altra persona è Dio. Fare sempre la Sua volontà si chiama ubbidienza e non è annientare sé stessi ma realizzarsi.
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